Le guerre Persiane

Falliscono gli assalti della Persia alla Grecia

 Nel VI secolo a.C. anche le città greche dell’Asia Minore erano cadute sotto il dominio persiano. Nel 499 sul trono di Persia sedeva Dario, il <<Gran Re>>: in quell’anno esse si ribellarono sotto la guida della città di Mileto.

I milesi cercarono invano di ottenere l’aiuto di Sparta, che era lo stato greco militarmente più forte. Soltanto gli Ateniesi e gli abitanti di Eretria, una città dell’isola di Eubea, mandarono alcune navi.

Intanto Dario si avvicinava con un forte esercito, deciso a reprimere la rivolta. Mileto fu assediata per mare e per terra, conquistata e distrutta. Una sorte simile toccò alle altre città della Ionia che avevano aiutato gli insorti.

La prima Guerra Persiana

Nel 490 una flotta persiana si avvicinò alle coste della Grecia, per attaccare le due città che avevano aiutatogli Ioni nella ribellione. Eretria cadde dopo un breve assedio e fu data alle fiamme. Atene rimase sola a fronteggiare il Gran Re. Infatti molte città greche avevano fatto atto di sottomissione alla Persia; gli Spartani non rifiutarono l’appoggio militare ad Atene, ma i loro soccorsi tardavano ad arrivare.

Allora gli Ateniesi, sotto la guida di Milziade, affrontarono decisamente le truppe nemiche sbarcate a Maratona (490 a.C.).

L’attacco ebbe successo e gli invasori furono costretti a riprendere il largo.

Dario non rinunciò alla conquista della Grecia: aveva già cominciato nuovi preparativi d’invasione, per terra e per mare, quando morì (486 a.C.). Gli successe il figlio Serse, che subito si accinse ad attuare i piani paterni.

Temistocle e Aristide

Nel frattempo Atene non restava inattiva. Il capo del partito del demos, Temistocle, aveva fatto approvare una legge, in base a cui il ricavato delle miniere d’argento del monte Laurion doveva servire a pagare le spese per la costruzione di una potente flotta: 100 triremi (navi a tre file sovrapposto a rematori). A questa decisione si era opposto Aristide, il capo del partito aristocratico, perché da essa avrebbero finito per trarre vantaggio i teti, la classe più povera della città.

Ad Atene, infatti, ogni cittadino doveva provvedere a proprie spese alle armi da portare in battaglia: quanto più uno era ricco, tanto meglio era armato. Finché l’esercito era stato addestrato per la guerra terrestre, i teti non avevano mai avuto la possibilità economica di acquistare le armi e le armature di ferro. Anche per questo, per il fatto che non combattevano per la patria, la loro importanza politica era scarsa. Ma una flotta potente richiedeva un numero crescente di rematori e i teti potevano offrire la forza delle loro braccia.

La Prima guerra Persiana fu vinta dagli ateniesi a Maratona

Per raggiungere lo scopo che s’era prefisso, Dario nel 490 a.C. allestì una flotta di seicento navi e un esercito poderoso che sbarcò in Grecia, nella pianura di Maratona, a soli 42 chilometri da Atene. La situazione era drammatica, e gli Ateniesi chiesero aiuto a Sparta e alle altre città greche. Ma Sparta, adducendo il pretesto che il suo esercito per una antica consuetudine religiosa non poteva muoversi prima del plenilunio, non diede alcun aiuto.

Solo la democrazia Platea, fedele alleata di Atene, le inviò in aiuto mille soldati. Nella pianura di Maratona soltanto diecimila opliti ateniesi e mille plateesi fronteggiarono l’esercito persiano enormemente superiore di numero. Data la disparità delle forze, sembrava una pazzia prendere l’iniziativa e attaccare. Eppure Milziade, uno dei generali ateniesi, decise di attaccare il nemico per ricacciarlo in mare.

Egli conosceva bene non solo i suoi soldati, ma anche i soldati persiani; quei diecimila opliti ateniesi erano gli artigiani, i commercianti, i piccoli e medi proprietari che si erano armati a proprie spese perché sapevano di dover combattere per la loro libertà; invece i soldati persiani erano i sudditi del re Dario e combattevano soltanto per obbedire al loro signore e padrone.

La vittoria arrise agli Ateniesi grazie anche all’alibe tattica usata da Milziade. Lo storico Erodoto ci narra che in questa battaglia morirono 6.400 Persiani e 192 Ateniesi. Atene onorò questi suoi caduti consacrando loro un tumulo che ancora oggi si innalza nella pianura di Maratona.

Come Milziade vinse la battaglia di Maratona

Milziade conosceva bene il modo di combattere dei Persiani. Sapeva che essi erano abilissimi nel maneggiare l’arco e che quindi gli arcieri costituivano sempre il centro dello schieramento dell’esercito persiano, mentre le ali erano costituite dalle truppe ausiliare, che erano le truppe peggiori.

Per questo, Milziade schierò il suo esercito in modo opposto a quello dei nemici: alle ali disposte le truppe migliori, al centro invece mise pochi soldati, così da non offrire molti bersagli alle frecce dei Persiani. Poi, per esporre ancora meno i suoi soldati alle frecce nemiche, comandò di attaccare a passo di corsa.

La battaglia si svolse come Milziade aveva previsto. Gli Ateniesi ebbero facilmente ragione delle ali dei Persiani, poi conversero al centro aggirando alle spalle gli arcieri, che ormai nella lotta a corpo non potevano più servirsi degli archi, e ne uccisero molti. I Persiani superstiti si rifugiarono sulle navi, ma gli Ateniesi riuscirono ad impadronirsi anche di sette navi. Le altre fuggirono via.

Il potenziamento della flotta Ateniese dopo la vittoria di Maratona fa aumentare l’importanza militare dei nullatenenti e vengono poste le basi per una più ampia vita democratica

Una sola città, la democratica Atene, aveva sconfitto il potente impero persiano. Occorreva ora approfittare di questa vittoria per consolidare la supremazia commerciale ateniese nel mare Egeo, e prepararsi a respingere il tentativo di rivincita che certamente i Persiani avrebbero preparato. Per questo, Temistocle, il nuovo capo della democrazia ateniese, volle che la flotta militare fosse raddoppiata mediante la costruzione di altre cento navi triremi. Con questa grande flotta, si ottennero due risultati: prima di tutto, un ulteriore sviluppo dei traffici e dei commerci e quindi un ulteriore arricchimento di Atene; in secondo luogo, fu proprio la flotta ateniese, come vedremo, a rendere possibile la vittoria dei Greci nella seconda guerra persiana.

Ma il potenziamento della flotta determinò anche un’altra conseguenza di grande valore: siccome si dovette necessariamente aumentare anche il numero dei teti o nullatenenti impiegati sulle triremi come rematori, la loro importanza militare aumentò enormemente; si crearono quindi le premesse per allargare i loro diritti civili e politici e, in sostanza, furono poste le basi per creare in Atene una più ampia e più salda vita democratica.

Naturalmente, questo sviluppo della democrazia ateniese non era gradito agli aristocratici, capeggiati da Aristide, che era un uomo giustissimo, ma di scarsa levatura politica. Temistocle, però, riuscì a far mandare in esilio Aristide mediante l’ostracismo, e il programma dell’ampliamento della flotta e del rafforzamento della democrazia venne attuato contro la volontà degli aristocratici.

Dalla seconda Guerra Persiana, che vede il valoroso episodio delle Termopoli, Atene e Sparta escono vittoriose e rafforzano la loro potenza

Temistocle aveva visto bene. Nel 480 a.C., dieci anni dopo la battaglia di Maratona, il re Serse, figlio di Dario, allestì un esercito di circa 300.000 uomini e una flotta di mille navi per soggiogare la Grecia. Mai la storia aveva visto, sino ad allora, forze così numerose.

Sparta, timorosa della stragrande potenza di Serse, si schierò a fianco di Atene. L’esercito Persiano, partito dall’Asia Minore, attraversò lo Stretto dei Dardanelli e poi marciò sempre lungo le coste, mentre la flotta, navigando di conserva, provvedeva al suo vettovagliamento. E così attraverso la Tracia, la Macedonia e la Tassaglia, il potente esercito persiano giunse in Grecia.

La prima linea di difesa venne organizzata dai Greci alle Termopili. Termopili o porte calde (per una sorgente di acqua termale che ancora oggi scaturisce dal suolo) era chiamato un passaggio che dalla Tassaglia conduceva alla Grecia centrale e che era costituito da una stretta pianura compresa tra i monti e il mare.

A guardia delle Termopili era Leonida con trecento Spartani e settemila alleati. Il re Serse lanciò contro questa prima linea di difesa le sue truppe migliori, ma i Greci, abbarbicati al suolo, respinsero tutti gli assalti del nemico.

Allora Serse fece passare una parte delle sue truppe attraverso i monti per prendere alle spalle i Greci. Appena Leonida si accorse della manovra del nemico, ordinò agli alleati di ritirarsi e rimase egli solo con i suoi trecento Spartani a difendere il passo delle Termopili per ritardare la marcia degli invasori. Circondati da ogni parte, Leonida e i suoi lottarono disperatamente e caddero tutti al proprio posto affrontando la morte da eroi.

Il re Serse, muto testimone della sua umiliante sconfitta, fuggì avvilito, ma per il sopraggiungere dell’inverno fu costretto a lasciare il grosso del suo esercito in Grecia al comando di Mardonio.

Esattamente un anno dopo, nel settembre del 479 a.C., l’esercito greco, comandato dallo spartano Pausania, sbaragliava a Platea le truppe di Mardonio, e nello stesso giorno la flotta ateniese, passata al contrattacco, sorprendeva e distruggeva presso il promontorio Micale, in Asia Minore, la flotta persiana.

Atene diveniva così padrona incontrastata del mare Egeo e liberava dal giogo persiano le colonie greche dell’Asia Minore, mentre Sparta consolidava la sua supremazia nel Peloponneso, rendendo più salda e più forte la Lega Peloponnesiaca.

Dopo la vittoria sui Persiani si preannunciano ostilità fra Sparta e Atene

Grazie alla sua egemonia nel mare Egeo, Atene poté costituire, subito dopo la conclusione delle guerre persiane, una Lega economica e politica con la maggior parte delle isole e delle città dell’Egeo. La Lega fu capeggiata naturalmente da Atene; e le isole e le città che ne fecero parte si obbligarono a fornire ad Atene, prima un determinato numero di navi, poi una somma di denaro per l’allestimento di una potente flotta che proteggesse i loro traffici in quel mare.

Il tesoro costituito dal denaro versato dalle isole e dalle città fu custodito nel santuario di Apollo nell’isola di Delo: per questo la Lega venne chiamata Confederazione di Delo.

Ma ben presto gli Ateniesi, con il pretesto che il tesoro doveva essere meglio custodito, lo trasportarono ad Atene, e praticamente se ne impossessarono. Continuarono, è vero, a costruire le navi per la preminenza economica e politica di Atene, questa flotta finì con diventare la flotta ateniese, non la flotta delle città e delle isole confederate.

Così, grazie alla Confederazione di Delo, Atene raggiunse una grande potenza politica e costituì un vero e proprio impero marittimo. Ormai il porto del Falero, costruito quando Atene si reggeva su una economia prevalentemente agricola, non era più sufficiente. Per questo, Temistocle volle che si costruisse un nuovo porto, il Pireo, che fu il grande cantiere navale e il munito porto militare di Atene.

Ma alla Confederazione di Delo, capeggiata da Atene, si opponeva la Lega Peloponnesiaca capeggiata da Sparta. Lo scontro fra queste due potenti organizzazioni politiche era inevitabile ed avvenne, come vedremo, con la disastrosa guerra del Peloponneso.